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Consiglio di Stato, Adunanza Sezione I, 30/7/2024 n. 907
Richiesta di parere “in merito al coordinamento tra le disposizioni d.lgs. n. 201/2022 sui servizi pubblici locali e quelle del d.lgs. 39/2013”;

Materia: servizi pubblici / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 8 maggio 2024 e del 10 luglio 2024


NUMERO AFFARE 00319/2024

OGGETTO:

Autorità nazionale anticorruzione.


Richiesta di parere “in merito al coordinamento tra le disposizioni d.lgs. n. 201/2022 sui servizi pubblici locali e quelle del d.lgs. 39/2013”;

LA SEZIONE

Vista la nota con la quale l’Autorità nazionale anticorruzione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Carla Ciuffetti.


Premesso in fatto e considerato in diritto quanto segue.

1. Con nota trasmessa in data 28 febbraio 2024, l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha formulato una richiesta di parere, articolata in due quesiti, “in merito al coordinamento tra le disposizioni d.lgs. n. 201/2022 sui servizi pubblici locali e quelle del d.lgs. 39/2013”.

La richiesta riguarda l’art. 6 (“Distinzione tra funzioni di regolazione e gestione nell’assetto organizzativo degli enti locali”) del d.lgs. n. 201/2022 (“Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”) che così recita:

1. Ferme restando le competenze delle autorità nazionali in materia di regolazione economico-tariffaria e della qualità, a livello locale le funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali a rete sono distinte e si esercitano separatamente.

2. Al fine di garantire il rispetto del principio di cui al comma 1, gli enti di governo dell'ambito o le Autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non possono direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della gestione del servizio. Non si considerano partecipate indirettamente le società formate o partecipate dagli enti locali ricompresi nell'ambito.

3. Qualora gli enti locali titolari del servizio e a cui spettano le funzioni di regolazione assumano direttamente o per mezzo di soggetto partecipato la gestione del servizio, le strutture, i servizi, gli uffici e le unità organizzative dell'ente ed i loro dirigenti e dipendenti preposti a tali funzioni di regolazione non possono svolgere alcuna funzione o alcun compito inerente alla gestione ed al suo affidamento.

4. Non possono essere conferiti incarichi professionali, di amministrazione o di controllo societario, né incarichi inerenti alla gestione del servizio:

a) ai componenti di organi di indirizzo politico dell’ente competente all'organizzazione del servizio o alla sua regolazione, vigilanza o controllo, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all'esercizio di tali funzioni;

b) ai componenti di organi di indirizzo politico di ogni altro organismo che espleti funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo o di controllo del servizio, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all'esercizio di tali funzioni;

c) ai consulenti per l'organizzazione o regolazione del servizio.

5. Le inconferibilità di cui al comma 4, lettere a), b), e c), si intendono cessate decorso un anno dalla conclusione degli incarichi ivi elencati.

6. Il soggetto a cui è conferito un incarico professionale, di amministrazione o di controllo societario o inerente alla gestione del servizio presenta le dichiarazioni ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.

7. Ai componenti della commissione di gara per l'affidamento della gestione del servizio continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, dell'articolo 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e in materia di contratti pubblici.

8. In relazione agli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli enti di governo dell'ambito o le autorità di regolazione si adeguano alle disposizioni di cui ai commi 3, 4, 6 e 7 del presente articolo entro dodici mesi dalla predetta data di entrata in vigore del presente decreto”.

2. Il primo quesito riguarda l’art. 6, comma 6, d.lgs. n. 201/2022.

2.1. Giova dare atto del quadro normativo di riferimento.

Il sopra riportato art. 6, d. lgs. n. 201 del 2021, dopo aver previsto specifiche ipotesi di incompatibilità e inconferibilità, dispone al comma 6, che “Il soggetto a cui è conferito un incarico professionale, di amministrazione o di controllo societario o inerente alla gestione del servizio presenta le dichiarazioni ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39”.

Il suddetto art. 20, d.lgs. n. 39 del 2013, prevede che “all’atto del conferimento dell’incarico l’interessato presenta una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al presente decreto”.

Ai successivi commi 4 e 5, il richiamato art. 20 dispone che “la dichiarazione di cui al comma 1 è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico” e che “ferma restando ogni altra responsabilità, la dichiarazione mendace, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio dell’interessato, comporta la inconferibilità di qualsivoglia incarico di cui al presente decreto per un periodo di 5 anni”.

Senonché, il d.lgs. n. 39/2013, per le incompatibilità e le inconferibilità ivi previste, contempla un più ampio regime pubblicistico. Lungi dall’esaurirsi negli obblighi dichiarativi contemplati dal richiamato art. 20, il regime si articola nella previsione:

• in capo al responsabile del piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, del potere di vigilanza, anche attraverso le disposizioni del piano anticorruzione, che nelle stesse amministrazioni ed enti siano rispettate le disposizioni in tema di incompatibilità e inconferibilità di incarichi, con segnalazione all’ANAC di casi di possibile violazione (art. 15, d.lgs. n. 39/2013);

• in capo all’ANAC di uno specifico potere di vigilanza sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui allo stesso decreto n. 39/2013, “anche con l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi”, nonché di sospensione del procedimento di conferimento dell’incarico e di segnalazione alla Corte dei conti (art. 16, d. lgs. n. 39/2013);

• della nullità degli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 39/2013 e dei relativi contratti (art. 17, d.lgs. n. 39/2013).

2.2. Merita soggiungere che le fattispecie di incompatibilità e inconferibilità previste, nel settore dei servizi pubblici locali, dal citato art. 6, d.lgs. n. 201/2022, non sempre coincidono con quelle contemplate dalla generale disciplina contenuta nel d. lgs. n. 39/2013, avuto riguardo a quelle riguardanti l’inconferibilità di “incarichi professionali o di controllo societario” di cui al comma 4 o con riferimento a enti privati, non presi in considerazione dal d.lgs. n. 39/2013, il cui perimetro soggettivo di applicazione è invece limitato alle amministrazioni pubbliche, agli enti pubblici e agli enti di diritto privato in controllo pubblico.

2.3. Tanto chiarito, l’ANAC pone in primo luogo in evidenza che l’art. 6 stabilisce ipotesi di incompatibilità/inconferibilità “ulteriori e specifiche” per i soggetti che ne sono destinatari, “non riconducibili a nessuna di quelle disciplinate dal d.lgs. n. 39/2013”.

Rispetto ad esse, il comma 6 dello stesso articolo porrebbe “una serie di dubbi interpretativi di non poco conto” concernenti - in forza del rinvio all’art. 20, d.lgs. n. 39/2013 - l’applicabilità dell’intero d.lgs. n. 39/2013, in particolare dell’art. 16 (“Vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione”).

Ad avviso dell’ANAC, in particolare, il rinvio che il citato art. 6, co. 6, d.lgs. n. 201/2022, espressamente effettua all’art. 20, d.lgs. n. 39/2013, impone che, in omaggio ad un criterio di interpretazione logico-sistematica, debba trovare applicazione l’intero regime definito dal richiamato d.lgs. n. 39/2013, comprensivo dei poteri di vigilanza che tale fonte normativa riconosce all’ANAC stessa: tanto non solo per le fattispecie di incompatibilità/inconferibilità che, previste dal d.lgs. n. 201/2022, sono sovrapponibili a quelle contemplate dal d.lgs. n. 39/2013, ma anche per quelle “ulteriori e specifiche” introdotte ex novo dal d.lgs. n. 201/2022.

Diversamente opinando, sostiene l’ANAC, il rinvio all’art. 20 d.lgs. n. 39/2013 resterebbe una mera affermazione di principio, mancando “un adeguato presidio per le ipotesi di violazione della norma, non essendo espressamente individuato dal decreto n. 201 il soggetto competente a vigilare sulla corretta applicazione dello stesso e sanzionarne la violazione” per le fattispecie ivi previste non sovrapponibili a quelle oggetto della disciplina dettata dallo stesso d.lgs. n. 39/2013.

Inoltre, non sarebbe coerente “con un quadro normativo generale di prevenzione della corruzione escludere che, nei casi di inconferibilità e incompatibilità del d.lgs. n. 201/2022 non coincidenti con quelle del d.lgs. n. 39/2013, nessun controllo possa essere esercitato dal RPCT”, cioè dal responsabile del piano anticorruzione che, in ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, cura che siano rispettate le disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi previste dal d.lgs. n. 39/2013, ai sensi dell’art. 16 dello stesso decreto.

Senonché, la stessa Anac, nel quesito formulato, non manca di rappresentare le perplessità che le suddette conclusioni interpretative pongono, laddove finirebbero per riconoscerle poteri pubblici in “assenza di una norma espressa di attribuzione del potere”, oltre che “con riferimento agli enti di solo diritto privato”, in alcun modo contemplati dal d.lgs. n. 39/2013.

In conclusione, con riguardo all’art. 6, comma 6, l’ANAC pone il seguente quesito: “se il d.lgs. n. 39/2013 sia effettivamente applicabile alle fattispecie di inconferibilità e incompatibilità di cui al d.lgs. 201/2022 non riconducibili a nessuna ipotesi del d.lgs. 39/2013 medesimo; ovvero, in altri termini: se sulle fattispecie di inconferibilità/incompatibilità di cui al d.lgs. n. 201/2022 non riconducibili ‘anche’ a fattispecie del d.lgs. 39/2013 sussista, in virtù del rinvio operato dall’art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 201 alla disciplina dell’art. 20 del d.lgs. n. 39, oltre ad un obbligo dichiarativo in capo al soggetto che riceve l’incarico, anche il potere di vigilanza e sanzionatorio di ANAC ai sensi del decreto n. 39 con tutto ciò che ne consegue”.

2.4. Preliminarmente il Collegio osserva che, con l’art. 6 d.lgs. n. 201/2022, trova attuazione il principio di delega di cui all’art. 8, comma 2, lett. c) della legge 5 agosto 2022, n. 118 (“Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”) concernente “la separazione, a livello locale, tra le funzioni regolatorie e le funzioni di diretta gestione dei servizi”.

Infatti, il principio della separazione delle funzioni è sancito dal comma 1 e, in funzione di prevenzione del verificarsi di fattispecie di commistione di funzioni, anche in forma implicita o indiretta, esso è garantito:

• dai divieti di cui sono destinatari gli enti di governo dell’ambito o le Autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali (comma 2), gli enti locali quanto alla loro struttura organizzativa (comma 3), i soggetti destinatari di incarichi professionali, di amministrazione o di controllo societario, o di incarichi inerenti alla gestione del servizio, conferibili anche da enti di diritto privato (comma 4);

• dall’obbligo stabilito dal comma 6, a carico del “soggetto a cui è conferito un incarico professionale, di amministrazione o di controllo societario o inerente alla gestione del servizio” di presentare “le dichiarazioni ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39”.

Tali disposizioni concorrono al perseguimento degli obiettivi che la disciplina del d.lgs. n. 201/2022 è diretta ad assicurare, tra cui in particolare, “nel rispetto del diritto dell'Unione europea e ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, la tutela e la promozione della concorrenza, la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi per gli operatori

economici interessati alla gestione di servizi di interesse economico generale di livello locale.” (art. 1, comma 3).

La giurisprudenza costituzionale ha evidenziato - in particolare per il settore dei trasporti e con riferimento all’istituzione di autorità indipendenti - “il rischio che si creino o si consolidino posizioni dominanti”, l’esigenza che, nel passaggio a un sistema liberalizzato, siano assicurate “pari opportunità a tutti gli operatori del settore”, nonché la necessità di ridurre “le criticità che potrebbero derivare dalla commistione, in capo alle medesime amministrazioni, di ruoli tra loro incompatibili, introducendo una distinzione tra soggetti regolatori e soggetti regolati” (Corte cost., sent. 15 marzo 2013, n. 41).

Alla luce di detti obiettivi, la disciplina stabilita dall’art. 6 in tema di separazione delle funzioni appare diretta a garantire l’efficienza dei servizi dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in un sistema concorrenziale e trasparente.

Essa quindi, sotto il profilo funzionale, risulta autonoma rispetto alle finalità sottese alla disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità di cui al d.lgs. n. 39/2013.

2.5. Tale autonomia funzionale fornisce una chiave di lettura del citato art. 6 in forza della quale può ritenersi che:

a) la disciplina delle incompatibilità e delle inconferibilità ivi stabilita si aggiunga, per il settore dei servizi dei servizi pubblici di rilevanza economica, alla disciplina di cui al d.lgs. n. 39/2013. E’ quanto spiega le asimmetrie rilevate dall’ANAC, ad esempio laddove l’Autorità osserva che “L’ambito applicativo del decreto n. 201 è, dunque, potenzialmente più ampio di quello del decreto n. 39, ricomprendendo potenzialmente il primo, ad esempio, quali enti ‘in destinazione’, anche realtà totalmente private, che invece il decreto n. 39 non contempla in questi termini”, in quanto “le inconferibilità del d.lgs. n. 39, infatti, si applicano solo ad incarichi assunti, in destinazione, in PP.AA., enti pubblici o enti di diritto privato in controllo pubblico” e che il d.lgs. n. 201/2022 “preclude, in destinazione, ‘incarichi professionali e di controllo societario’ (formulazione generica non meglio precisata), non ricompresi, in quanto tali, tra gli incarichi ‘in destinazione’ nel d.lgs. n. 39/2013”.

b) tale autonoma disciplina di garanzia del rispetto del principio di separazione delle funzioni trovi nel comma 6 un meccanismo di controllo e di reazione ad eventuali violazioni, individuato dal legislatore delegato attraverso il richiamo a “le dichiarazioni ai sensi dell’art. 20” d.lgs. n. 39/2013.

2.6. Il citato art. 20 stabilisce, in particolare, che:

1. All’atto del conferimento dell’incarico l’interessato presenta una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al presente decreto.

2. Nel corso dell’incarico l’interessato presenta annualmente una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui al presente decreto.

3. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 sono pubblicate nel sito della pubblica amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l’incarico.

4. La dichiarazione di cui al comma 1 è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico.

5.Ferma restando ogni altra responsabilità, la dichiarazione mendace, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio dell’interessato, comporta la inconferibilità di qualsivoglia incarico di cui al presente decreto per un periodo di 5 anni”.

Il riferimento a “le dichiarazioni ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39” stabilito dall’art. 6, comma 6, comporta l’obbligo dell’interessato di presentare una dichiarazione all’atto del conferimento dell’incarico e una dichiarazione annuale, sull’insussistenza, rispettivamente, di cause di inconferibilità e di cause di incompatibilità.

Poiché la disciplina dell’art. 6 è funzionalmente autonoma e aggiuntiva rispetto a quella del d.lgs. n. 39/2013, l’oggetto delle suddette dichiarazioni riguarda le cause di incompatibilità e di inconferibilità stabilite dallo stesso art. 6.

In mancanza di specificazione nel comma 6 di tale articolo del destinatario delle dichiarazioni, la Sezione ritiene che esse debbano essere presentate sia all’ente che conferisce l’incarico (in ipotesi anche ente di diritto privato non rientrante tra quelli indicati nel d.lgs. n. 39/2013), sia all’ente (pubblico o in controllo pubblico) cui il soggetto conferitario appartiene, o per il quale abbia svolto consulenza per l’organizzazione o regolazione del servizio.

Una lettura improntata ad un canone di interpretazione sistematica induce, del resto, a ritenere che la presentazione delle dichiarazioni a tale secondo ente attivi inevitabilmente presso di esso i meccanismi di controllo e di vigilanza di cui al citato art. 15, d.lgs. n. 39/2013; nello stesso piano anticorruzione, del resto, il medesimo ente può prevedere dispositivi diretti a prevenire che soggetti operanti al suo interno ricevano incarichi contra legem.

A sostegno della illustrata conclusione interpretativa soccorre la circostanza che il citato art. 20 è richiamato dal suddetto art. 6, comma 6, nella sua interezza, sicché, a prescindere dalla natura dell’incarico e del soggetto che lo conferisce:

- la pubblicazione delle dichiarazioni (art. 20, comma 3) sarà effettuata sia da parte del soggetto conferente, anche qualora si tratti di un ente di diritto privato non riconducibile a quelli cui si applica il d.lgs. n. 39/2013 (che, ad esempio, abbia vinto la gara per l’affidamento del servizio o che comunque lo gestisca), sia da parte dell’ente cui il soggetto conferitario appartiene, o per il quale abbia svolto consulenza per l’organizzazione o regolazione del servizio;

- la dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità, che deve essere presentata all’atto del conferimento dell'incarico, costituisce una condizione legale di efficacia dell’incarico stesso (art. 20, comma 4).

- la sanzione dell’inconferibilità di incarichi per un periodo di 5 anni, in caso di “dichiarazione mendace, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio dell'interessato” (art. 20, comma 5) riguarderà gli incarichi previsti dall’art. 6, comma 4, e sarà oggetto del procedimento di contestazione - in cui si svolge il contraddittorio e si esercita il diritto di difesa - presso l’ente di appartenenza ai sensi dell’art. 15, d.lgs. n. 39/2013.

Dunque, il richiamo all’art. 20, d.lgs. n. 39/2013, nella misura in cui riguarda anche le disposizioni del comma 5 dello stesso articolo, consente di attivare le attività di vigilanza di cui all’art. 15, d.lgs. n. 39/2013 da parte dell’ente di appartenenza del soggetto conferitario (o presso il quale questi abbia svolto attività di consulenza). Tale richiamo all’art. 20 consente, ove ne ricorrano i presupposti, l’attivazione del potere di segnalazione, di cui al citato art. 15 e quindi dei poteri che l’art. 16, d. lgs., n. 39/2013, assegna all’ANAC con riguardo alle amministrazioni pubbliche, agli enti pubblici, e agli enti di diritto privato in controllo pubblico.

Considerata la ratio della separazione tra funzioni di regolazione e funzioni di gestione di servizi pubblici in vista della loro efficienza e la strumentalità delle disposizioni in tema di incompatibilità e di inconferibilità contenute nell’art. 6, per evitare che un tale obiettivo di interesse pubblico sia compromesso dall’interesse privato all’ottenimento dell’incarico, viene peraltro in rilievo l’art. 53, d.lgs. n. 165/2001, laddove prevede, da un lato, il divieto di conferimento, da parte di enti pubblici economici e di soggetti privati, di “incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi”, dall’altro, che sia la stessa amministrazione di appartenenza a “verificare l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi” (comma 9).

3. Il secondo quesito riguarda l’interpretazione dell’art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 201/2022, nella parte in cui prevede che “ai componenti della commissione di gara per l’affidamento della gestione del servizio continuano” - tra l’altro - “ad applicarsi le disposizioni del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39”.

Secondo l’ANAC, tale disposizione pone dubbi interpretativi poiché “i Commissari di gara non erano infatti mai stati presi in considerazione ai fini del d.lgs. 39/2013”, sicché la formulazione della stessa disposizione “potrebbe far pensare ad un difetto di coordinamento ovvero, piuttosto, alla manifestazione di una specifica volontà del legislatore di innovare il d.lgs. n. 39/2013”.

L’eventuale attribuzione di portata innovativa a tale disposizione porrebbe un problema di applicabilità poiché essa “non consente di individuare quali siano i parametri rispetto ai quali verificare una eventuale inconferibilità/incompatibilità ai sensi del decreto n. 39 dei Commissari di gara; infatti, tale decreto non appare prevedere categorie nelle quali inquadrare potenzialmente i Commissari. Ne consegue che ANAC non avrebbe in questa ipotesi poteri di vigilanza e sanzionatori”.

L’Agenzia pone quindi il seguente quesito: “se il riferimento effettuato dal decreto n. 201 ai Commissari di gara debba essere interpretato come volontà del legislatore di novellare il quadro normativo e quindi di estendere anche ai predetti Commissari le disposizioni del decreto n. 39/2013 con tutte le conseguenze in termini di vigilanza e sanzioni che ne derivano (e tenendo comunque conto delle difficoltà applicative sopra illustrate circa la difficoltà di individuare le categorie di cui all'art. 1 del d.lgs. 39/2013 nelle quali inquadrare, potenzialmente, i Commissari)”.

3.1. La valutazione del secondo quesito deve essere effettuata, in primo luogo, alla luce della formulazione complessiva dell’art. 6, comma 7.

Esso stabilisce che ai componenti della commissione di gara per l’affidamento della gestione del servizio “continuano ad applicarsi” non solo le disposizioni del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, ma anche quelle dell’articolo 6-bis (“Conflitto di interessi”) della legge n. 241/1990, nonché quelle “in materia di contratti pubblici”: tale formulazione, data la pluralità dei parametri normativi richiamati e l’utilizzo della parola “continuano”, porta ad escludere che il legislatore abbia inteso modificare non solo il d.lgs. n. 39/2013, ma anche le restanti discipline.

In secondo luogo, occorre prendere atto - come del resto evidenziato dall’Anac - dell’entrata in vigore dell’art. 93, d.lgs. n. 36/2023 (“La commissione giudicatrice”).

Tale articolo, innovando rispetto alla previgente disciplina, ha previsto, tra l’altro, che “La commissione è presieduta e composta da dipendenti della stazione appaltante o delle amministrazioni beneficiarie dell’intervento” e che di essa possa far parte il RUP.

Ebbene, tale disposizione, pur entrata in vigore dopo l’art. 6, comma 7, d.lgs. n. 201/2022, viene in rilievo ai fini della sua interpretazione, dato che essa costituisce, nell’attualità, la disciplina di riferimento dell’azione amministrativa.

Cosicché, la circostanza che il commissario di gara possa essere dipendente della stazione appaltante o delle amministrazioni beneficiarie dell’intervento o di altre amministrazioni ovvero professionista esterno nominato dai medesimi soggetti (ipotesi configurata come residuale) consente di superare la difficoltà interpretativa rappresentata dall’Anac di “individuare le categorie di cui all’art. 1 del d.lgs. 39/2013 nelle quali inquadrare, potenzialmente, i commissari”.

Ciò posto, non sembrano residuare ulteriori problemi interpretativi considerato che la stessa Anac, richiamate le ipotesi di incompatibilità di cui all’art. 93, comma 5, d.lgs. n. 36/2023, ritiene di essere titolare, rispetto alle stesse, di poteri di vigilanza e controllo (quale componente del “più generale potere di Anac di vigilare sul rispetto del codice dei contratti e sullo svolgimento trasparente dei contratti pubblici, al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione”), cosicché, per le fattispecie “coperte” dal d.lgs. 36/2023, non si porrebbero problemi di concreta applicabilità dell’art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 201/2022.

P.Q.M.

Esprime il parere nei sensi di cui in motivazione.


 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carla Ciuffetti Roberto Garofoli
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

Giovanni Calabro'


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