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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
RIMVYDAS NORKUS
presentate il 13 marzo 2025 (1)
Causa C-715/23
Farmacija, d.o.o.
contro
Obcina Benedikt
con l’intervento di
MN
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Državna revizijska komisija za revizijo postopkov oddaje javnih narocil (commissione nazionale per il riesame delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, Slovenia)]
« Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione – Direttiva 2014/23/UE – Articolo 4, paragrafo 2, e articolo 19 – Ambito di applicazione – Attività di gestione di una farmacia »
I. Introduzione
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Državna revizijska komisija za revizijo postopkov oddaje javnih narocil (commissione nazionale per il riesame delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, Slovenia) ai sensi dell’articolo 267 TFUE verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 19 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (2).
2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Farmacija, d.o.o. (in prosieguo: la «Farmacija»), una società a responsabilità limitata, e l’Obcina Benedikt (Comune di Benedikt, Slovenia, in prosieguo: il «Comune di Benedikt»), in merito all’attribuzione da parte di quest’ultimo di un’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia sul suo territorio senza previa pubblicazione di un bando di concessione. Con il suo ricorso contro detta decisione amministrativa, la Farmacija contesta, in sostanza, al Comune di Benedikt di non aver attuato la procedura pertinente, vale a dire quella per l’attribuzione di una concessione, in violazione della direttiva 2014/23. Da parte sua, tale Comune ritiene che l’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia non costituisca l’attribuzione di una concessione e che la Farmacija non goda pertanto di una tutela giuridica ai sensi di detta direttiva.
3. La questione fondamentale che si pone nella presente controversia è quindi di stabilire se i servizi forniti nel quadro della gestione di una farmacia rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23. Ciò presuppone che i servizi farmaceutici di cui trattasi possano essere qualificati come «attività economica». Da un lato, il fatto che i prestatori di tali servizi siano remunerati depone in senso favorevole a questa interpretazione. Tale considerazione vale per il profitto derivante dalla fornitura del servizio pubblico consistente nella vendita di medicinali, ma anche da altre attività commerciali. Dall’altro lato, occorre tener conto del ruolo essenziale svolto dalle farmacie nell’ambito della sanità pubblica, nonché del loro finanziamento, che le pone in una relazione privilegiata con lo Stato e le distingue da altri operatori economici. Tutti questi aspetti sollevano la classica questione riguardante la demarcazione tra i «servizi di interesse economico generale» e i «servizi non economici d’interesse generale», che determina l’applicabilità delle norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici. La futura pronuncia della Corte può avere un impatto che va al di là del presente procedimento, in quanto consentirà di adeguare le regole del mercato interno in un settore considerato sensibile da taluni Stati membri.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
4. I considerando 6, 14, 17, 19 e 53 della direttiva 2014/23 sono così formulati:
«(6) È opportuno ricordare che gli Stati membri sono liberi di decidere, in conformità ai principi del TFUE in materia di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e libera circolazione delle persone, di organizzare la prestazione di servizi come servizi di interesse economico generale o come servizi non economici di interesse generale ovvero come una combinazione di tali servizi. (...) Inoltre, la presente direttiva non riguarda il finanziamento dei servizi di interesse economico generale o le sovvenzioni concesse dagli Stati membri, in particolare nel settore sociale, in conformità delle norme dell’Unione sulla concorrenza. È opportuno chiarire che i servizi non economici di interesse generale non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
(...)
(14) Inoltre, non dovrebbero configurarsi come concessioni determinati atti dello Stato membro, quali autorizzazioni o licenze, con cui lo Stato membro o una sua autorità pubblica stabiliscono le condizioni per l’esercizio di un’attività economica, inclusa la condizione di eseguire una determinata operazione, concesse di norma su richiesta dell’operatore economico e non su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore e nel cui quadro l’operatore economico rimane libero di recedere dalla fornitura dei lavori o servizi. Nel caso di tali atti dello Stato membro, si applicano le disposizioni specifiche della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36)]. A differenza di detti atti dello Stato membro, i contratti di concessione stabiliscono obblighi reciprocamente vincolanti in virtù dei quali l’esecuzione di tali lavori o servizi è soggetta a specifici requisiti definiti dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore e aventi forza esecutiva.
(...)
(17) I contratti che non implicano pagamenti al contraente e ai sensi dei quali il contraente è remunerato in base a tariffe regolamentate, calcolate in modo da coprire la totalità dei costi e degli investimenti sostenuti dal contraente per la fornitura del servizio, non dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
(...)
(19) Qualora la regolamentazione settoriale specifica elimini il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’esecuzione del contratto, il contratto stesso non dovrebbe configurarsi come una concessione ai sensi della presente direttiva. Il fatto che il rischio sia limitato sin dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore.
(...)
(53) È opportuno escludere dalla piena applicazione della presente direttiva soltanto quei servizi che abbiano una dimensione transfrontaliera limitata, come per esempio taluni servizi sociali, sanitari o educativi. Tali servizi sono forniti in un contesto particolare che varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro a causa delle differenti tradizioni culturali. Per le concessioni relative a questi servizi si dovrebbe perciò istituire un regime specifico che tenga conto del fatto che sono di recente regolazione. L’obbligo di pubblicare un avviso di preinformazione e un avviso di aggiudicazione della concessione per le concessioni di valore pari o superiore alla soglia stabilita nella presente direttiva è un metodo adeguato per informare i potenziali offerenti in merito alle opportunità commerciali nonché informare tutte le parti interessate in merito al numero e al tipo di contratti aggiudicati. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero varare le misure del caso per l’aggiudicazione dei contratti di concessione per tali servizi, così da garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici, consentendo allo stesso tempo alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di tener conto delle specificità dei servizi in questione (...)».
5. L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», ai suoi paragrafi 1 e 4 dispone quanto segue:
«1. La presente direttiva stabilisce le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori il cui valore stimato non è inferiore alla soglia indicata all’articolo 8.
(...)
4. Gli accordi, le decisioni o altri strumenti giuridici che disciplinano i trasferimenti di competenze e responsabilità per l’esecuzione di compiti pubblici tra amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori o associazioni di amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori e che non prevedono una remunerazione a fronte di una prestazione contrattuale sono considerati questioni di organizzazione interna dello Stato membro interessato e, in quanto tali, esulano dall’ambito di applicazione della presente direttiva».
6. L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Libertà di definire servizi di interesse economico generale», al paragrafo 2 così recita:
«I servizi non economici d’interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva».
7. L’articolo 5, punto 1, primo comma, lettera b), e l’articolo 5, punto 1, secondo comma, della medesima direttiva dispongono quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:
(...)
b) “concessione di servizi”: si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
L’aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, o entrambi. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario comporta una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile (...)».
8. L’articolo 8 della direttiva 2014/23, intitolato «Soglia e metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni», prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva si applica alle concessioni il cui valore sia pari o superiore a 5 186 000 EUR.
2. Il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’[imposta sul valore aggiunto (IVA)], stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi.
(...)».
9. L’articolo 18 di tale direttiva, intitolato «Durata della concessione», è così formulato:
«1. La durata delle concessioni è limitata. Essa è stimata dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario.
2. Per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non supera il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati nell’esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici.
Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione».
10. L’articolo 19 di detta direttiva, intitolato «Servizi sociali e altri servizi specifici», così recita:
«Le concessioni per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati nell’allegato IV che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva sono soggette esclusivamente agli obblighi previsti dall’articolo 31, paragrafo 3, e dagli articoli 32, 46 e 47».
B. Diritto sloveno
1. ZNKP
11. L’articolo 2, punto 18, dello Zakon o nekaterih koncesijskih pogodbah (legge relativa a taluni contratti di concessione, in prosieguo: lo «ZNKP») (3) dispone quanto segue:
«Si intende per “servizi non economici d’interesse generale»: i servizi non economici che, per legge, sono forniti come servizi di interesse generale e che non sono offerti sul mercato dietro corrispettivo, che sono pertanto soggetti a specifici obblighi di servizio pubblico».
12. L’articolo 9 di detta legge prevede quanto segue:
«La presente legge si applica ai contratti di concessione il cui valore stimato, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), è pari o superiore al valore previsto all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva [2014/23]».
13. L’articolo 10 di detta legge così recita:
«Alle concessioni disciplinate dalla presente legge e da leggi speciali si applicano le disposizioni della presente legge nonché le disposizioni delle leggi speciali, laddove esse non siano contrarie alla presente legge.
14. L’articolo 11, paragrafo 1, della stessa legge stabilisce quanto segue:
«La presente legge non si applica a:
1. concessioni per servizi non economici d’interesse generale».
15. L’articolo 15 dello ZNKP prevede quanto segue:
«Alle concessioni per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati nell’allegato IV della direttiva [2014/23] si applicano le disposizioni della presente legge che disciplina l’obbligo di predisporre atti preparatori, l’obbligo di pubblicazione degli avvisi di cui agli articoli 35 e 40 della presente legge nonché la tutela giuridica nelle procedure di selezione del concessionario ai sensi della presente legge».
2. ZZDej
16. L’articolo 2 dello Zakon o zdravstveni dejavnosti (legge sull’assistenza sanitaria, in prosieguo: lo «ZZDej») (4) dispone quanto segue:
«L’assistenza sanitaria è prestata al livello primario, secondario e terziario.
L’assistenza sanitaria primaria comprende l’assistenza sanitaria di base e l’attività farmaceutica».
17. L’articolo 3 di detta legge prevede quanto segue:
«I prestatori di assistenza sanitaria sono persone fisiche e giuridiche, nazionali ed estere, che hanno ottenuto dal Ministero della Salute l’autorizzazione a prestare assistenza sanitaria.
Il servizio sanitario pubblico comprende i servizi sanitari la cui prestazione continua e regolare è garantita, nell’interesse pubblico, dallo Stato e dagli enti locali e che, sulla base del principio di solidarietà e in conformità alle norme che disciplinano l’assistenza sanitaria e l’assicurazione sanitaria, sono garantiti come diritti derivanti dall’assicurazione sanitaria obbligatoria e sono finanziati, in tutto o in parte, mediante risorse pubbliche, provenienti principalmente dall’assicurazione sanitaria obbligatoria. I servizi sanitari di cui alla frase precedente, quali servizi non economici di interesse generale, devono essere forniti da prestatori di assistenza sanitaria senza scopo di lucro, in modo tale che l’eccedenza delle entrate rispetto alle spese sia destinata allo svolgimento e allo sviluppo dell’assistenza sanitaria».
18. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, della suddetta legge:
«L’attività farmaceutica è esercitata conformemente a una legge speciale. Alle questioni non disciplinate da una legge speciale si applica la presente legge».
3. ZLD-1
19. L’articolo 1 dello Zakon o lekarniški dejavnosti (legge sull’attività farmaceutica, in prosieguo: lo «ZLD-1») (5) dispone quanto segue:
«La presente legge disciplina lo scopo, il contenuto e le condizioni di esercizio dell’attività farmaceutica, l’organizzazione, le condizioni e le procedure per il rilascio e per l’esercizio delle concessioni, i professionisti del settore farmaceutico e le loro associazioni professionali, l’attività farmaceutica on-line e la vigilanza».
20. L’articolo 2, paragrafo 1, di tale legge stabilisce quanto segue:
«L’attività farmaceutica ha lo scopo di garantire un approvvigionamento efficiente e di qualità di medicinali e di altri prodotti a supporto delle terapie mediche e della tutela della salute, nonché di garantire consulenza ai pazienti e agli operatori sanitari in ordine al loro uso sicuro, corretto ed efficace».
21. L’articolo 4, paragrafo 1, punto 8, di detta legge è formulato come segue:
«[Si intende per] prestatore di attività farmaceutica: una persona fisica o giuridica titolare di una concessione per l’esercizio di un’attività farmaceutica conformemente alla presente legge, un ente pubblico farmaceutico, un ospedale o altri prestatori ai sensi della presente legge».
22. L’articolo 5 della medesima legge così dispone:
«1. L’attività farmaceutica è un servizio sanitario pubblico che garantisce la fornitura continua e regolare di medicinali alla popolazione e agli operatori sanitari nonché il trattamento farmaceutico dei pazienti.
2. L’attività farmaceutica si svolge a livello primario, secondario e terziario dell’assistenza sanitaria.
3. La rete di attività farmaceutiche ai sensi della presente legge è garantita a livello primario dal comune o da più comuni limitrofi congiuntamente e, a livello secondario e terziario, dallo Stato».
23. L’articolo 10, paragrafi 2, 3, 4 e 7, dello ZLD-1, prevede quanto segue:
«2. Una succursale di farmacia può esercitare la sua attività solo sotto il controllo professionale della farmacia che l’ha organizzata. Il gestore della farmacia che ha organizzato la succursale è responsabile del suo esercizio.
3. L’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia è rilasciata dal comune sul cui territorio è situata la succursale, previo parere preventivo del Lekarniška zbornica Slovenije (ordine dei farmacisti della Slovenia) e con l’accordo del Ministero.
4. L’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia può anche essere rilasciata per una durata limitata o per un determinato periodo dell’anno (stagione turistica).
(...)
7. Una succursale di farmacia inizia a esercitare la sua attività farmaceutica solo una volta ricevuta l’autorizzazione di cui all’articolo 67, primo comma, della presente legge».
24. L’articolo 15, paragrafo 1, di tale legge così recita:
«Lo svolgimento dell’attività farmaceutica è finanziato mediante risorse pubbliche e private. Le risorse pubbliche di cui alla frase precedente comprendono, in particolare:
– i pagamenti per prestazioni fornite nell’ambito dell’attività farmaceutica sulla base di contratti conclusi con gli enti di assicurazione sanitaria;
– i pagamenti da stanziamenti di bilancio;
– le risorse proprie».
25. L’articolo 27, paragrafo 1, della suddetta legge dispone quanto segue:
«Un ente pubblico farmaceutico a livello primario è istituito nel proprio territorio da un comune ovvero congiuntamente da più comuni limitrofi, previo parere dell’ordine professionale competente e con l’accordo del Ministero».
26. L’articolo 39, paragrafi 1 e 2, della medesima legge prevede quanto segue:
«1. Per l’esercizio di un’attività farmaceutica a livello primario può essere rilasciata una concessione, alle condizioni previste dalla presente legge, ad una persona fisica che eserciti detta attività ovvero a una persona giuridica nella quale la persona che esercita detta attività, che sia anche il suo dirigente o il suo organo direttivo, detenga una partecipazione superiore al 50% del capitale sociale (in prosieguo: il “concessionario”).
2. Il concessionario organizza le farmacie o le succursali di farmacia come sue unità organizzative per l’esercizio dell’attività farmaceutica nelle zone per le quali è titolare di una concessione o di un’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia, conformemente al piano di ripartizione delle farmacie a livello primario, con riserva del parere preventivo del competente ordine professionale e dell’accordo del Ministero».
III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali
27. L’11 marzo 2022 il Comune di Benedikt ha rilasciato a MN, senza previa pubblicazione di un bando di concessione, un’autorizzazione a tempo indeterminato per la gestione di una succursale di farmacia sul suo territorio.
28. La società Farmacija, ricorrente nel procedimento principale, è iscritta nel registro delle imprese come attività commerciale di prodotti farmaceutici, dal momento che il suo azionista di maggioranza è titolare di una licenza che gli permette di esercitare in modo autonomo la professione di farmacista nell’ambito dell’esercizio di un’attività farmaceutica.
29. La Farmacija ha presentato istanza di riesame presso il Comune di Benedikt, lamentando il fatto che quest’ultimo, mediante l’attribuzione della suddetta autorizzazione, aveva rilasciato una concessione per l’esercizio di un’attività farmaceutica senza aver svolto la procedura applicabile, in violazione della direttiva 2014/23.
30. Il Comune di Benedikt ha respinto l’istanza di riesame senza procedere a un esame nel merito, ritenendo che la Farmacija non godesse di tutela giuridica nell’ambito del procedimento preliminare al riesame né nel procedimento di riesame propriamente detto. In tal senso, il Comune di Benedikt ritiene che il rilascio di un’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia non costituisca, in sostanza, l’aggiudicazione di una concessione di servizi.
31. Avverso tale decisione del Comune di Benedikt la Farmacija ha proposto un ricorso, che è stato deferito da detto Comune alla Državna revizijska komisija za revizijo postopkov oddaje javnih narocil (commissione nazionale per il riesame delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, in prosieguo: la «commissione nazionale per il riesame» o l’«organo del rinvio»).
32. Secondo la commissione nazionale per il riesame, nel rilasciare l’autorizzazione per la gestione di una succursale di farmacia, il Comune di Benedikt ha attribuito una concessione per l’esercizio di un’attività farmaceutica. Tuttavia, essa nutre dubbi sulla questione se i servizi farmaceutici costituiscano, nella sostanza, servizi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23.
33. In tali circostanze, la commissione nazionale per il riesame ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, con la precisazione che la risposta alla seconda questione è necessaria soltanto in caso di risposta negativa alla prima questione:
«1) Se il servizio attinente all’esercizio dell’attività farmaceutica, avente essenzialmente ad oggetto la fornitura agli utenti di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza agli utenti in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi, possa essere qualificato come “servizio non economico d’interesse generale” ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/23.
2) Se il servizio attinente all’esercizio dell’attività farmaceutica, avente essenzialmente ad oggetto la fornitura agli utenti di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza agli utenti in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi, possa essere qualificato alla stregua dei servizi sociali e altri servizi specifici, ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2014/23».
IV. Procedimento dinanzi alla Corte
34. La decisione di rinvio, datata 23 novembre 2023, è pervenuta presso la cancelleria della Corte in pari data.
35. La Farmacija, i governi sloveno, ceco e ellenico, nonché la Commissione europea, hanno depositato osservazioni scritte entro il termine impartito dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.
36. All’udienza del 12 dicembre 2024, hanno presentato osservazioni i rappresentanti processuali della Farmacija, dei governi sloveno, ceco e ellenico, nonché della Commissione.
V. Analisi giuridica
A. Sulla qualificazione di «concessione» e sulle norme ad essa applicabili
37. Come ho già indicato nell’introduzione, il presente procedimento verte sull’applicabilità della direttiva 2014/23 al caso di specie. Secondo l’organo del rinvio, essa dipende dalla questione se i servizi farmaceutici in discussione possano essere qualificati come «servizi non economici di interesse generale». In tale contesto, occorre osservare che le questioni sottoposte dall’organo del rinvio si fondano sulla premessa che la presente controversia riguardi una «concessione» ai sensi di tale direttiva. Dato che l’ordinamento giuridico sloveno prevede diversi regimi finalizzati a disciplinare la gestione delle farmacie sul territorio dello Stato membro in questione, ritengo necessario, per scrupolo di completezza, ricordare brevemente il contesto normativo dell’Unione applicabile a tale settore, e in particolare la differenza tra le nozioni di «concessione» e di «autorizzazione», tanto più che solo la prima di queste nozioni rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva (6).
38. In effetti, dal considerando 14 della direttiva 2014/23 risulta che «non dovrebbero configurarsi come concessioni determinati atti dello Stato membro, quali autorizzazioni o licenze, con cui lo Stato membro o una sua autorità pubblica stabiliscono le condizioni per l’esercizio di un’attività economica, inclusa la condizione di eseguire una determinata operazione, concesse di norma su richiesta dell’operatore economico e non su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore e nel cui quadro l’operatore economico rimane libero di recedere dalla fornitura dei lavori o servizi». Tale considerando precisa altresì che «[n]el caso di tali atti dello Stato membro, si applicano le disposizioni specifiche della direttiva [2006/123]» (il corsivo è mio).
39. A tal riguardo, va rilevato che l’articolo 4, punto 6, della direttiva 2006/123 definisce la nozione di «regime di autorizzazione» e che da tale definizione si evince che per «autorizzazione» si deve intendere «una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio». Nondimeno, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva dispone che essa non si applica ai «servizi sanitari». Il considerando 22 della medesima direttiva precisa che «[l]’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito della presente direttiva dovrebbe comprendere i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti» (il corsivo è mio). In altri termini, la direttiva 2006/123 non troverebbe applicazione se le condizioni per la gestione di una farmacia dipendessero dal rilascio di un’«autorizzazione».
40. Orbene, come già precisato nelle presenti conclusioni, non mi sembra che ciò si verifichi nella presente fattispecie. Secondo la qualificazione effettuata dall’organo del rinvio in applicazione del diritto dell’Unione e sotto la propria responsabilità (7), il Comune di Benedikt ha attribuito una «concessione» ai sensi della direttiva 2014/23. In tale contesto, il considerando 14 della medesima direttiva si rivela pertinente laddove afferma che, «[a] differenza di detti atti dello Stato membro, i contratti di concessione stabiliscono obblighi reciprocamente vincolanti in virtù dei quali l’esecuzione di tali lavori o servizi è soggetta a specifici requisiti definiti dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore e aventi forza esecutiva» (il corsivo è mio). Infine, si deve ricordare che una «concessione di servizi» è caratterizzata, segnatamente, da una situazione in cui un diritto di gestire un servizio determinato viene trasferito da un’autorità aggiudicatrice ad un concessionario e in cui questi dispone, nell’ambito del contratto concluso, di una certa libertà economica per determinare le condizioni di gestione di tale diritto restando così, parallelamente, in larga misura esposto ai rischi connessi a detta gestione (8).
41. È alla luce di queste osservazioni riguardanti il contesto giuridico che disciplina il rilascio di «concessioni» e di «autorizzazioni» che occorre esaminare nel prosieguo le questioni sottoposte dall’organo del rinvio. Tali questioni saranno esaminate nell’ordine in cui sono state sottoposte, dopo aver trattato l’eccezione di irricevibilità sollevata dal governo sloveno.
B. Sulla ricevibilità
42. Il governo sloveno contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale sulla base del rilievo che la commissione nazionale per il riesame non rivestirebbe, nella specie, la qualità di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Più precisamente, il governo sloveno sostiene che l’impossibilità di qualificare tale organo come «giurisdizione» ai sensi di detta disposizione sarebbe legata alla sua incompetenza, in forza delle disposizioni del diritto nazionale, a conoscere della controversia nel procedimento principale.
43. Secondo una giurisprudenza costante, la qualità di «giurisdizione» dell’organo del rinvio dipende da una serie di elementi, quali il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (9). A tal riguardo, si deve ricordare che la Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi sulla qualificazione come «giurisdizione» della commissione nazionale per il riesame. Tale circostanza merita particolare attenzione.
44. Nella causa Medisanus, la Corte ha constatato, per la prima volta, che la commissione nazionale per il riesame soddisfaceva tutti i criteri necessari al fine di essere considerata una «giurisdizione», ai sensi dell’articolo 267 TFUE (10). La Corte ha giustificato tale qualificazione con una serie di argomenti che riassumerò brevemente. In primo luogo, la Corte ha riconosciuto che si tratta di una commissione istituita dallo Zakon o pravnem varstvu v postopkih javnega narocanja (legge relativa ai ricorsi nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici) (11), che le attribuisce un carattere permanente e rende la sua giurisdizione obbligatoria. In secondo luogo, la Corte ha rilevato che la commissione nazionale per il riesame non ha collegamenti con le autorità pubbliche di cui controlla le decisioni e che i membri che la compongono godono delle garanzie previste dalla legge relativa alle funzioni di giudici, per quanto riguarda la loro nomina nonché la durata e le cause di revoca del loro mandato, cosicché la loro indipendenza ne risulta garantita. In terzo luogo, la Corte ha constatato che il procedimento dinanzi alla commissione nazionale per il riesame presenta una natura contraddittoria e che le decisioni che essa adotta, applicando la legge relativa ai ricorsi nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nonché la legge che disciplina la procedura civile, sono dotate di autorità di cosa giudicata.
45. Occorre richiamare l’attenzione sul fatto che tale conclusione non è stata, in seguito, messa in discussione dalla Corte nelle sue sentenze pronunciate, rispettivamente, nelle cause Tax-Fin-Lex (12) e SHARENGO (13), vertenti su questioni pregiudiziali sottoposte dalla stessa commissione nazionale per il riesame. Infatti, in queste due sentenze, contrariamente alla sentenza pronunciata nella causa Medisanus, la Corte non si è più soffermata sulla ricevibilità, e in particolare sulla qualificazione di «giurisdizione» ai sensi dell’articolo 267 TFUE dell’organo del rinvio, ma ha esaminato direttamente il merito delle questioni da esso sollevate. Benché il governo sloveno sostenga che il procedimento principale differisce dalle cause all’origine delle sentenze citate, esso non precisa, tuttavia, quale sia il criterio derivante dalla giurisprudenza sopra citata che l’organo del rinvio cesserebbe di soddisfare nel presente procedimento. In tale prospettiva, non vedo per quale motivo la Corte dovrebbe discostarsi dalla qualificazione adottata, tanto più che quest’ultima è stata confermata a più riprese. Pertanto appare chiaramente che la Corte non ha mutato la propria posizione.
46. L’argomentazione del governo sloveno mi sembra perseguire lo scopo di contestare la competenza dell’organo del rinvio a statuire nel procedimento principale e, di conseguenza, di mettere in discussione la necessità, e persino l’utilità della risposta della Corte alle questioni sollevate nella domanda di pronuncia pregiudiziale da esso proposta. In particolare, tale governo osserva che, in forza del diritto nazionale, segnatamente delle disposizioni in materia di tutela giuridica nel quadro di concessioni disciplinate da una legislazione settoriale, l’organo del rinvio non può essere competente a conoscere del procedimento principale. Detto governo ritiene che la tutela giuridica prevista dalla legge relativa ai ricorsi nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici non si applichi alla presente fattispecie, dato che la decisione adottata dal Comune di Benedikt è una decisione amministrativa che doveva essere definita, anzitutto, dal sindaco del Comune e, eventualmente, in base alla procedura amministrativa generale.
47. Tuttavia, tale argomentazione mi sembra priva di pertinenza ai fini della presente controversia, per i motivi che esporrò di seguito nelle presenti conclusioni.
48. Da un lato, tengo a rilevare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’affermazione secondo cui il giudice del rinvio non sarebbe competente, in forza delle norme di diritto nazionale, a conoscere di una controversia, non può essere sufficiente a comportare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, poiché non spetta alla Corte mettere in discussione la valutazione, da parte del giudice del rinvio, delle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali (14). Infatti, la Corte deve attenersi al provvedimento di rinvio emesso da un giudice di uno Stato membro, fintantoché questo provvedimento non sia stato revocato a seguito dell’esperimento di rimedi giurisdizionali eventualmente previsti dal diritto nazionale (15). Pertanto, ai fini della valutazione della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è sufficiente, in linea di principio, che l’organo del rinvio si sia dichiarato competente sulla controversia nel procedimento principale (16), senza che sia pertinente la qualificazione giuridica precisa della decisione amministrativa impugnata, nella specie il rilascio di una «concessione».
49. D’altro lato, occorre rammentare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita all’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze del caso, sia la necessità di una decisione pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria pronuncia, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire.
50. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in modo manifesto che la richiesta interpretazione o valutazione della validità di una norma del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (17). Nella specie, non risulta che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dall’organo del rinvio non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, o che il problema da esso sollevato abbia natura ipotetica.
51. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia ricevibile. La Corte è quindi chiamata a rispondere alle questioni sollevate dall’organo del rinvio.
C. Nel merito
1. Sulla prima questione pregiudiziale
52. Con la sua prima questione l’organo del rinvio chiede, in sostanza, se l’attività di gestione di una farmacia, avente essenzialmente ad oggetto la fornitura agli utenti di medicinali per uso umano, soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, e la consulenza a questi fornita in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi, rientri nella nozione di «servizi non economici d’interesse generale» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/23.
a) Sulla nozione di «servizi non economici di interesse generale»
53. Rilevo anzitutto che la nozione di «servizi non economici di interesse generale» comprende due elementi. Affinché rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/23, un servizio dev’essere, in primo luogo, fornito a fini di interesse generale e, in secondo luogo, presentare un carattere non economico. Poiché i due elementi sono cumulativi, l’assenza di uno solo di essi rende tale disposizione inapplicabile. Ai fini delle presenti conclusioni, preferisco concentrarmi su ciò che è «non economico» e non affrontare l’elemento «di interesse generale», in quanto tale approccio mi pare sufficiente per proporre una risposta utile al giudice nazionale. Nonostante l’interesse che presenta sul piano accademico, la questione se l’elemento «di interesse generale» abbia una portata autonoma nella nozione in discussione, vale a dire se un servizio «non economico» corrisponda sempre all’«interesse generale» o se un servizio di tale genere possa non essere fornito nell’«interesse generale», non necessita di risposta nel caso di specie.
54. Procederò a un riepilogo dei criteri che consentono di distinguere un’attività «non economica» da un’attività che presenta carattere «economico», per poi applicarli alla presente fattispecie, che riguarda l’attività di gestione di una farmacia. Tuttavia, prima di effettuare tale analisi, ritengo necessario esaminare la questione preliminare del margine discrezionale di cui godono gli Stati membri nella definizione di «servizi non economici di interesse generale». Infatti, tale margine rappresenta la chiave di volta dell’argomento del governo sloveno, secondo il quale, in sostanza, un «servizio non economico di interesse generale» è ciò che il legislatore nazionale definisce come tale.
b) Sul margine di discrezionalità degli Stati membri nella definizione dei «servizi non economici di interesse generale»
55. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/23, intitolato «Libertà di definire servizi di interesse economico generale», i «servizi non economici di interesse generale» non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva. In effetti, come conferma il considerando 6 della suddetta direttiva, gli Stati membri sono liberi di organizzare la prestazione di servizi come «servizi di interesse economico generale» o come «servizi non economici d’interesse generale» ovvero come una combinazione di tali servizi, fatto salvo il rispetto del diritto dell’Unione, in particolare dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e libera circolazione delle persone. Tuttavia, il considerando in questione esclude espressamente dall’ambito di applicazione della direttiva medesima il finanziamento dei «servizi d’interesse economico generale» e le sovvenzioni concesse dagli Stati membri, in particolare nel settore sociale, nonché i «servizi non economici di interesse generale».
56. È importante rilevare che tale esclusione è presente anche nell’ambito della direttiva 2006/123, il cui articolo 2, paragrafo 2, lettera a), stabilisce che tale direttiva non si applica ai «servizi non economici d’interesse generale». Inoltre, occorre osservare che i «servizi sanitari» formano oggetto di un’esclusione distinta dall’ambito di applicazione, all’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), di detta direttiva (18). Benché la succitata disposizione non includa i «servizi farmaceutici» oggetto della presente causa, ciò non toglie che il considerando 22 della medesima direttiva vi fa espressamente riferimento, con la conseguenza che essa non si applica a questo tipo di servizi. In tale contesto rilevo, infine, che la stessa nozione di «servizio» ai sensi della direttiva 2006/123 è di natura «economica», poiché, in forza dell’articolo 4, punto 1, della medesima direttiva, detta nozione si estende a «qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE] fornita normalmente dietro retribuzione» (il corsivo è mio).
57. Tenuto conto delle osservazioni che precedono, occorre considerare, in questa fase dell’analisi, da un lato, che la qualificazione come «servizio non economico di interesse generale» è decisiva al fine di stabilire quale sia la normativa applicabile a un caso specifico. Dall’altro lato, è evidente che, poiché tale qualificazione dipende dalle caratteristiche del «servizio» di cui trattasi, quest’ultimo deve essere oggetto di una valutazione caso per caso. La nozione di «servizi non economici di interesse generale», alla quale si riferisce l’organo del rinvio nella prima questione da esso sottoposta, compare all’articolo 2 del protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale, allegato al Trattato FUE (in prosieguo: il «protocollo n. 26»), secondo il quale «[l]e disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di interesse generale non economico». Tuttavia, tale nozione non è definita nel Trattato FUE, né nel diritto derivato (19). In particolare, la direttiva 2014/23 non definisce la nozione di «servizi non economici di interesse generale».
58. Orbene, si deve sottolineare che l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva non contiene alcun rinvio espresso alla normativa degli Stati membri. Sorge dunque la questione di stabilire se gli Stati membri restino liberi di definire ciò che rientra in tale nozione, in virtù della loro competenza a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi d’interesse generale non economico, che le disposizioni dei trattati, secondo l’articolo 2 del protocollo n. 26, lasciano impregiudicata. Se, per contro, la nozione di «servizi non economici di interesse generale» rientra in un’interpretazione autonoma del diritto dell’Unione, potrebbe porsi la questione della sua articolazione con l’articolo 2 del protocollo n. 26. La risposta a tale questione deriva dai principi del funzionamento del mercato interno.
59. Il buon funzionamento del mercato interno dell’Unione, che comprende, tra l’altro, la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, come emerge dall’articolo 26, paragrafo 2, TFUE, può essere assicurato solo grazie a una comprensione uniforme della nozione di «servizi non economici di interesse generale», senza la quale sussisterebbe un rischio di applicazione eterogenea delle relative regole, che potrebbe provocarne la frammentazione.
60. Il mercato interno richiede, per definizione, l’esistenza di condizioni equivalenti per l’esercizio di un’attività economica ovunque nell’Unione. A tal fine, le libertà fondamentali, che garantiscono uno spazio senza frontiere interne né ostacoli normativi, vengono interpretate ed applicate in modo uniforme. In effetti, affinché le persone fisiche e giuridiche possano invocarle direttamente e in condizioni di parità, il contenuto e la portata dei diritti sanciti dai trattati devono essere gli stessi (20). Per contro, qualsiasi normativa nazionale contraria agli obiettivi del mercato interno va disapplicata (21). Quando in taluni settori si rivela necessaria una regolamentazione ai fini della realizzazione del mercato interno, il legislatore dell’Unione può adottare misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, conformemente all’articolo 114 TFUE. Il mercato interno costituisce quindi uno dei risultati più significativi dell’Unione, in quanto prevede uno spazio economico integrato al quale partecipano tutti gli Stati membri e altri Stati associati (22).
61. Orbene, mi sembra che, se si seguisse senza riserve l’argomentazione del governo sloveno secondo cui i servizi in discussione dovrebbero essere qualificati come attività «non economiche» in quanto il legislatore nazionale le ha definite come tali, conformemente alle tradizioni storiche, culturali e politiche di tale Stato membro, ne deriverebbe proprio un siffatto rischio di frammentazione del mercato interno. Tenuto conto del fatto che le modalità di esercizio dell’attività farmaceutica possono variare notevolmente da uno Stato membro all’altro, a motivo delle specificità della normativa nazionale applicabile, la qualificazione giuridica della sua natura da parte degli Stati membri non può di per sé sola essere determinante. In effetti, si deve osservare che, nell’attuale fase di evoluzione del diritto dell’Unione, nessuna delle disposizioni di quest’ultimo enuncia regole di accesso alle attività del settore farmaceutico che intendano porre condizioni per l’apertura di nuove farmacie e di loro eventuali succursali nel territorio degli Stati membri (23).
62. La competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare servizi di interesse generale non economico, prevista dall’articolo 2 del protocollo n. 26, non può ostare a una comprensione autonoma della nozione di «servizi non economici di interesse generale». Vero è che, conformemente all’articolo 168, paragrafo 7, TFUE, come precisato dalla giurisprudenza della Corte, il diritto dell’Unione non restringe la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e ad adottare, in particolare, norme destinate all’organizzazione di servizi sanitari come le farmacie. Tuttavia, occorre ricordare che la Corte ha ribadito che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali, ivi compresa la libertà di stabilimento. Tali disposizioni comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni dell’esercizio di queste libertà nell’ambito delle cure sanitarie (24).
63. Il diritto del mercato interno dell’Unione limita quindi il potere discrezionale degli Stati membri, indipendentemente dalla loro facoltà di definire il livello al quale essi intendono assicurare la tutela della salute pubblica nonché il modo per raggiungere tale livello. A tal proposito, occorre ricordare che la Corte si è già pronunciata in diverse occasioni sulle condizioni di stabilimento delle succursali di farmacia dichiarando che le restrizioni alla libertà di stabilimento sono giustificate per motivi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso (25).
c) Sulla qualificazione dei servizi farmaceutici come «attività economica» ai sensi delle libertà fondamentali
64. A mio parere, al fine di rispondere alla prima questione pregiudiziale, si deve richiamare la giurisprudenza della Corte con la quale quest’ultima ha definito ciò che costituisce una «attività economica» ai sensi del diritto del mercato interno dell’Unione. Come ho indicato precedentemente, la natura «economica» di una data attività è determinante ai fini della demarcazione tra il settore dei «servizi di interesse economico generale» e quello dei «servizi non economici di interesse generale». Tale criterio delimita quindi la portata delle competenze dell’Unione rispetto a quelle degli Stati membri (26). Nei limiti in cui le due nozioni si escludono reciprocamente, tracciare i contorni della nozione di «attività economica» consentirà logicamente di chiarire cosa si deve intendere per «attività non economica». Sulla base di tale distinzione, sarà possibile chiarire come debbano essere qualificati i «servizi farmaceutici».
65. Un simile approccio terrebbe conto del fatto che la direttiva 2014/23 attua le norme relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi – come evidenzia la scelta delle basi giuridiche dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’articolo 61 e dell’articolo 114 TFUE, sulle quali è stata adottata la citata direttiva – il cui ambito di applicazione è limitato alle «attività economiche» (27). Tale interpretazione, del resto, è avvalorata dall’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva medesima, che prevede espressamente l’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva di qualsiasi prestazione contrattuale che non preveda una remunerazione.
66. Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che le prestazioni di servizi fornite normalmente dietro retribuzione costituiscono «attività economiche», fermo restando che la caratteristica essenziale della retribuzione va rintracciata nella circostanza che quest’ultima costituisce il corrispettivo economico della prestazione di cui trattasi, senza tuttavia che essa debba essere pagata dal beneficiario di quest’ultima (28). Dalla decisione di rinvio risulta che i servizi farmaceutici hanno principalmente ad oggetto servizi di fornitura di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza in vista di un utilizzo corretto e sicuro degli stessi. Tali servizi farmaceutici sono finanziati da fondi pubblici, nel caso di medicinali soggetti a prescrizione medica e coperti dall’assicurazione sanitaria pubblica, o direttamente dal consumatore, nel caso di medicinali non coperti da tale assicurazione.
67. La Corte ha riconosciuto espressamente nella sua giurisprudenza che i gestori di farmacie traggono benefici dall’attività farmaceutica, anche se, tenuto conto dell’importanza dell’obiettivo della salute pubblica, essa viene generalmente esercitata perseguendo non solo un interesse economico, ma anche un interesse pubblico sociale e professionale (29). Tale giurisprudenza è conforme alla constatazione, anch’essa della Corte, secondo cui l’acquisto di una farmacia, in quanto consente l’esercizio di una «attività economica» mediante una stabile organizzazione per un periodo di tempo indeterminato, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE riguardante la libertà di stabilimento (30).
68. In un settore affine, la Corte ha precisato che i servizi medici specialistici forniti da medici specialisti autonomi nella loro qualità di operatori economici autonomi, a loro rischio e dietro retribuzione, dovrebbero essere considerati come un’«attività economica» (31). Il riferimento alla nozione di «assunzione di rischi», che caratterizza precisamente il diritto dell’Unione in materia di concessioni (32), non è privo di interesse in questo contesto, poiché indica che nel settore della sanità pubblica non è esclusa l’aggiudicazione di concessioni.
69. Anche se la giurisprudenza citata in precedenza certamente fornisce preziosi punti di riferimento per affrontare alcune delle questioni sollevate dalle parti interessate nell’ambito del presente procedimento, ritengo comunque necessaria un’analisi più approfondita al fine di suffragare il carattere «economico» dell’attività di farmacista. Tale analisi sarà incentrata sui motivi che, a mio parere, hanno indotto la Corte a effettuare una simile qualificazione.
70. Da un lato, si deve tener conto del fatto che la Corte ha sottolineato nella sua giurisprudenza che le nozioni di «attività economica» e di «prestazione di servizi», in quanto definiscono l’ambito di applicazione di una delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, non possono venir interpretate restrittivamente (33). In questa prospettiva, mi sembra coerente da un punto di vista giuridico concludere che un’attività strettamente legata alla sanità pubblica, come quella di un farmacista, rientri nell’ambito di applicazione delle libertà fondamentali in discussione, vale a dire la libertà di stabilimento, e rivesta, di conseguenza, un carattere «economico».
71. D’altro lato, il fatto che la Corte si sia fondata sull’elemento della remunerazione per valutare la natura economica dell’attività di cui trattasi, indipendentemente da chi abbia versato tale remunerazione, consente di includere nella nozione di «attività economica» prestazioni pagate dall’utente, ma anche dallo Stato membro. Quest’ultima ipotesi implica che aspetti legati al finanziamento di un sistema sanitario nazionale possano svolgere un certo ruolo e, quindi, se ne debba tener conto nell’analisi.
72. Nella presente causa, la Corte è chiamata a esaminare se un’attività cessi di essere di natura «economica» in quanto è finanziata anche con risorse dello Stato. L’argomento del governo sloveno finisce sostanzialmente per negare il carattere «economico» del sistema di gestione delle farmacie in Slovenia, invocando il principio di solidarietà alla base di tale sistema. Secondo tale ragionamento, la finalità sociale del regime, l’attuazione del principio di solidarietà, l’assenza di scopo di lucro e il controllo statale di detta attività distinguerebbero chiaramente la gestione di una farmacia da un’«attività economica».
73. Non trovo convincente tale argomentazione, per i motivi che esporrò in prosieguo nelle presenti conclusioni. Al pari del governo ceco, ritengo che il fatto che l’attività farmaceutica in Slovenia sia esercitata nel quadro del sistema sanitario pubblico non sia pertinente per determinare la natura dei servizi in questione. La prestazione di un servizio farmaceutico nelle farmacie, come descritto nella decisione di rinvio, non implica l’esercizio dei pubblici poteri, ai sensi dell’articolo 51 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 62 TFUE, dal momento che le attività in discussione non sono direttamente e specificamente legate all’esercizio delle prerogative dei pubblici poteri (34). Pertanto non esiste alcun motivo oggettivo per escludere tale servizio dalla qualificazione di «attività economica» per il semplice fatto che presenta attinenza con una politica governativa, nella specie la politica sanitaria.
74. Oltretutto, non mi pare che l’esistenza di un trasferimento di fondi pubblici per finanziare i medicinali coperti dall’assicurazione malattia possa incidere sulla «natura economica» del servizio fornito dalle farmacie. Un servizio conserva il proprio carattere oneroso anche se la sua fornitura è finanziata da fondi pubblici. Al riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che i pagamenti effettuati dalle casse malattia costituiscono il corrispettivo delle prestazioni ospedaliere e presentano un carattere retributivo per l’istituto ospedaliero che ne beneficia e che svolge un’attività di tipo «economico» (35).
75. L’argomento dedotto dal governo sloveno, secondo cui l’attività lucrativa della farmacia è solo accessoria all’attività principale di servizio pubblico non economico senza obiettivo primario di ricerca di benefici, non mi pare sufficiente per negare il carattere «economico» di tale attività. Come ha stabilito la Corte nella sua giurisprudenza, la natura «economica» di un’attività è indipendente da qualsiasi scopo di lucro (36). Più specificamente, la Corte ha considerato che il fatto che l’attività sia esercitata da un ente senza scopo di lucro non esclude che quest’ultimo possa svolgere un’«attività economica» (37). Ciò è tanto più valido per il fatto che i gestori privati di farmacie perseguono uno scopo di lucro, come ha riconosciuto il governo sloveno all’udienza, anche se tale scopo è subordinato ad altri obiettivi, in particolare legati alla tutela della salute pubblica.
76. Infatti, tenuto conto dell’ampia definizione della nozione di «attività economica» nel contesto delle libertà fondamentali, la Corte non ha esitato, ad esempio, a qualificare come «servizi», ai sensi della direttiva 2004/18/CE (38), accordi contrattuali in materia di trasporto sanitario, anche nei casi in cui l’amministrazione aggiudicatrice aveva concluso detti accordi con associazioni di volontariato ed essi si basavano sul principio di solidarietà (39). Secondo questa stessa logica, la Corte ha ritenuto che il fatto che l’attività sia esercitata senza scopo di lucro da un soggetto privato quale un ente caritativo non impedisce di qualificarla come «attività economica» (40).
77. Inoltre, come ho già indicato illustrando il contesto giuridico applicabile, il fatto che il legislatore dell’Unione abbia deciso che i servizi farmaceutici dovevano essere espressamente esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/123 dimostra, a mio avviso, che non li ha considerati come «servizi non economici». Esso non ha semplicemente voluto assoggettare questo tipo di servizi alle norme specifiche della direttiva in esame (41).
78. Infine, tengo a sottolineare che tutti i sistemi di sanità pubblica degli Stati membri sono caratterizzati dal fatto che si fondano sui principi di accessibilità alle cure sanitarie, di universalità e, con un grado più o meno rilevante, di solidarietà. Per questo motivo tali principi sono considerati, allo stesso titolo del principio di equità, come valori e principi comuni ai sistemi sanitari dell’Unione (42). Tale fatto si riflette segnatamente sul loro finanziamento. Mi sembra quindi che il sistema sanitario in discussione nel presente procedimento, come descritto dal governo sloveno (43), non presenti caratteristiche particolari che giustifichino una valutazione diversa.
79. Tale conclusione non è inficiata, a mio parere, dalla decisione della Commissione C(2024) 3755 final, del 10 giugno 2024, nel procedimento SA.45844 (44), che dichiara, fondandosi sul principio di solidarietà, che il sistema di fornitura di servizi sanitari in Slovenia non comporta aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE. A tale proposito, occorre osservare, da un lato, che tale decisione non riguarda la gestione di farmacie in Slovenia, come ha precisato la Commissione all’udienza, su domanda della Corte. Dall’altro, se nel diritto dell’Unione le norme in materia di concessioni sono state in un primo tempo sviluppate nel contesto delle libertà fondamentali (45), situazione giuridica del resto perdurata fino alla codifica di tali norme nella direttiva 2014/23 (46), e benché esista una certa sovrapposizione tra tali libertà e altri settori del diritto (segnatamente il diritto in materia di concorrenza o di aiuti di Stato) (47), resta il fatto che le nozioni di «servizi di interesse generale» e di «attività economica», tendono a variare a seconda che vengano utilizzate nel contesto delle libertà fondamentali o che siano sviluppate in detti altri settori del diritto (48).
80. Le regole in materia di diritto della concorrenza e degli aiuti di Stato, pur mirando altresì a raggiungere l’obiettivo comune della realizzazione del mercato interno, si caratterizzano per il fatto che perseguono obiettivi normativi specifici e si applicano secondo modalità proprie a tale settore del diritto, il che le distingue chiaramente dalle libertà fondamentali. Così, la nozione di «attività economica» è strettamente legata alla nozione di «impresa» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la quale, in presenza di determinati criteri supplementari, determina l’applicazione di tali regole, mentre l’assenza di «impresa» ai sensi del diritto della concorrenza non esclude obbligatoriamente l’applicazione delle disposizioni relative alle libertà fondamentali (49).
81. Ne consegue che eventuali considerazioni relative al settore del diritto in materia di aiuti di Stato non potrebbero essere interamente trasposte al diritto in materia di concessioni. In ogni caso, è giocoforza constatare che la loro applicazione nel caso di specie non è oggetto della presente controversia. Come ho già indicato nei paragrafi precedenti, secondo la giurisprudenza in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, è la prestazione di servizi retribuita che deve essere considerata come «attività economica». A mio parere, nel presente procedimento la Corte dovrebbe utilizzare proprio tale criterio ai fini di una distinzione rispetto ai «servizi non economici di interesse generale» (50).
82. Per le ragioni esposte nei paragrafi precedenti delle presenti conclusioni ritengo che l’attività farmaceutica, avente essenzialmente ad oggetto la fornitura agli utenti di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza agli utenti in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi, debba essere considerata come un’«attività economica» e non possa quindi essere qualificata come «servizio non economico d’interesse generale» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/23. Di conseguenza, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale in senso negativo.
83. Tale conclusione, alla quale sono pervenuto a partire dalla nozione di «attività economica» come interpretata dalla Corte, mi sembra corretta anche nel merito. Infatti, si deve tener presente che i «servizi di interesse generale» hanno registrato una notevole evoluzione nel corso degli ultimi decenni, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista sociale. I servizi un tempo considerati «non economici» sono sempre maggiormente soggetti all’influenza delle regole del mercato interno. Inoltre sono oggetto di normative a livello dell’Unione. Allo stesso modo, è in aumento il numero di servizi di interesse generale svolti da operatori economici. Il settore della sanità non fa certo eccezione (51). Pertanto la nozione di «servizi non economici di interesse generale» è soggetta alle valutazioni dell’epoca, cosicché, ai giorni nostri, solo determinati settori possono ancora essere definiti in modo univoco come «non economici» ai sensi della giurisprudenza della Corte, quali la giustizia, la polizia, la sicurezza nazionale, la gestione del sistema di segnaletica, taluni servizi educativi (52), ecc. Tali settori rientrano nelle prerogative dei pubblici poteri dello Stato e sono finanziati da imposte. Orbene, questo certamente non avviene nel caso di cui trattasi nel presente procedimento.
2. Sulla seconda questione pregiudiziale
84. Tenuto conto della risposta che propongo di dare alla prima questione pregiudiziale, occorre affrontare anche la seconda questione pregiudiziale, con la quale l’organo del rinvio chiede, in sostanza, se l’esercizio dell’attività farmaceutica rientri nei «servizi sociali e altri servizi specifici» ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2014/23.
85. A tal riguardo, rilevo che l’aggiudicazione di concessioni per la fornitura di «servizi sociali e altri servizi specifici», il cui elenco figura nell’allegato IV della direttiva 2014/23, è soggetta alle modalità particolari previste dall’articolo 19 di tale direttiva, vale a dire ad una procedura semplificata. Di conseguenza, detti servizi sono esenti dall’applicazione integrale della direttiva in questione. La procedura di aggiudicazione semplificata è caratterizzata dal fatto che, conformemente alla succitata disposizione, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono tenuti unicamente a rendere nota l’aggiudicazione prevista per mezzo di un avviso di preinformazione, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 3, della medesima direttiva, e di un avviso di aggiudicazione della concessione contenente i risultati della procedura di aggiudicazione, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/23.
86. Il motivo di tale procedura di aggiudicazione semplificata è che i servizi in questione hanno una dimensione transnazionale limitata. Come si evince dal considerando 53 della direttiva 2014/23, i servizi sociali, sanitari ed educativi sono forniti in un contesto particolare che varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro a causa delle differenti tradizioni culturali. Pertanto i requisiti formali sono meno severi, anche se occorre sottolineare che, in conformità dell’articolo 3 della medesima direttiva, i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza devono essere in ogni caso rispettati.
87. Peraltro, è utile osservare che, nella categoria dei «Servizi sanitari, sociali e servizi correlati» menzionati nell’allegato IV di detta direttiva figurano i codici «da 85000000-9 a 85323000-9» del vocabolario comune per gli appalti pubblici (in prosieguo: il «CPV») (53). Il CPV istituisce un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici, che mira a uniformare i riferimenti utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per la descrizione dei contratti di appalti pubblici. Come ha ricordato la Corte facendo riferimento all’articolo 27 della direttiva 2014/23 e all’articolo 1 del regolamento n. 2195/2002, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad applicare il CPV nelle procedure di aggiudicazione di concessioni (54). Dato che i «servizi farmaceutici» corrispondono al codice CPV 85149000-5, tali servizi devono essere considerati come facenti parte dei «servizi specifici» ai sensi dell’articolo 19 della direttiva in esame. Tale constatazione è sufficiente, in linea di principio, per rispondere in senso affermativo alla seconda questione pregiudiziale. D’altra parte, il fatto che i servizi farmaceutici siano compresi nell’allegato IV di detta direttiva conferma ancora una volta che il legislatore dell’Unione li considera come un’«attività economica».
88. Ad abundantiam, può rivelarsi utile osservare che la qualificazione di «servizio specifico» avrebbe come conseguenza che alle attività farmaceutiche esercitate in una succursale di farmacia si applicherebbero unicamente gli obblighi derivanti dall’articolo 31, paragrafo 3, e dagli articoli 32, 46 e 47 della direttiva 2014/23. Pertanto, se l’organo del rinvio, nell’esercizio della sua competenza a valutare i fatti e applicare il diritto dell’Unione, dovesse nella specie confermare l’aggiudicazione di una «concessione», esso sarebbe verosimilmente indotto a stabilire se i requisiti derivanti dai succitati articoli siano stati soddisfatti. In tal caso dovrebbe verificare se la gestione della succursale di farmacia sia stata oggetto dell’avviso di preinformazione previsto dall’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva in esame e dell’avviso di aggiudicazione della concessione di cui all’articolo 32, paragrafo 1, della medesima direttiva.
89. Inoltre, al pari delle direttive in materia di appalti pubblici, la direttiva 2014/23 stabilisce una soglia a partire dalla quale essa si applica (55). In forza dell’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva, nella sua versione vigente all’epoca dei fatti, essa è applicabile alle concessioni di valore pari o superiore a EUR 5 186 000. Orbene, la decisione di rinvio non contiene informazioni sul valore della concessione. Perciò, nei limiti in cui la domanda di pronuncia pregiudiziale si fonda sul presupposto secondo cui la controversia nel procedimento principale verte sull’aggiudicazione di una «concessione», spetta all’organo del rinvio verificare se il valore di quest’ultima superi la soglia pertinente al fine di stabilire se la direttiva in esame sia applicabile nella presente fattispecie (56). In mancanza di informazioni più precise, la durata della concessione potrebbe eventualmente fornire un’indicazione indiretta a tale proposito. Infatti, come risulta dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva medesima, «[i]l valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto» (il corsivo è mio), il che depone a favore dell’applicazione di questo criterio. Al riguardo, è pacifico che l’autorizzazione alla gestione di una succursale di farmacia è stata concessa per una durata indeterminata. In tali circostanze, non si può escludere che la soglia pertinente sia stata superata.
90. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, ritengo che l’attività farmaceutica, avente essenzialmente ad oggetto la fornitura agli utenti di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza agli utenti in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi, possa essere qualificata alla stregua dei «servizi sociali e altri servizi specifici», ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2014/23.
VI. Conclusione
91. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Državna revizijska komisija za revizijo postopkov oddaje javnih narocil (commissione nazionale per il riesame delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, Slovenia) nel modo seguente:
1) L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, deve essere interpretato nel senso che:
i servizi farmaceutici, aventi essenzialmente ad oggetto la fornitura all’utente di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza all’utente in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi, non possono essere qualificati come «servizi non economici d’interesse generale».
2) L’articolo 19 della direttiva 2014/23, intitolato «Servizi sociali e altri servizi specifici», deve essere interpretato nel senso che:
esso ricomprende i servizi farmaceutici, aventi essenzialmente ad oggetto la fornitura all’utente di medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e non soggetti a prescrizione medica, unitamente alla consulenza all’utente in vista di un utilizzo corretto e sicuro dei medicinali stessi.
1 Lingua originale: il francese.
2 GU 2014, L 94, pag. 1.
3 Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia n. 9/2019 dell’11.2.2019.
4 Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia n. 9/92 del 21.2.1992.
5 Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia n. 85/16 del 28.12.2016.
6 V. sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 45).
7 V. sentenze del 21 luglio 2005, Coname (C-231/03, EU:C:2005:487, punto 10), del 10 marzo 2011, Privater Rettungsdienst und Krankentransport Stadler (C-274/09, EU:C:2011:130, punti 29 e 36), e del 21 maggio 2015, Kansaneläkelaitos (C-269/14, EU:C:2015:329, punto 25), sulla competenza esclusiva del giudice nazionale per procedere alla qualificazione dell’operazione di cui trattasi. Il ruolo della Corte si limita a fornire a quest’ultimo un’interpretazione del diritto dell’Unione utile per la decisione da adottare nella controversia che gli è sottoposta.
8 V. sentenze dell’11 giugno 2009, Hans & Christophorus Oymanns (C-300/07, EU:C:2009:358, punto 71), e del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C-458/14 e C-67/15, EU:C:2016:558, punto 46).
9 V. sentenza dell’8 giugno 2017, Medisanus (C-296/15, EU:C:2017:431, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
10 Sentenza dell’8 giugno 2017, Medisanus (C-296/15, EU:C:2017:431, punti da 32 a 38.
11 Gazzetta ufficiale della Repubblica di Slovenia n. 43/11 del 3.6.2011.
12 Sentenza del 10 settembre 2020, Tax-Fin-Lex (C-367/19, EU:C:2020:685).
13 Sentenza del 10 novembre 2022, SHARENGO (C-486/21, EU:C:2022:868).
14 V. sentenze del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C-621/18, EU:C:2018:999, punto 30), e del 30 settembre 2020, CPAS de Liège (C-233/19, EU:C:2020:757, punto 36 e giurisprudenza ivi citata), nonché conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa TGSS (Disoccupazione dei collaboratori domestici) (C-389/20, EU:C:2021:777, paragrafo 28).
15 V. sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C-658/18, EU:C:2020:572, punto 61).
16 Con riserva del controllo da parte di un organo giurisdizionale di grado superiore previsto dall’ordinamento giuridico nazionale.
17 V. sentenze del 1º luglio 2010, Sbarigia (C-393/08, EU:C:2010:388, punti 19 e 20); del 27 marzo 2014, Consejería de Infraestructuras y Transporte de la Generalitat Valenciana e Iberdrola Distribución Eléctrica (C-300/13, EU:C:2014:188, punto 16), e del 21 marzo 2024, LEA (C-10/22, EU:C:2024:254, punti 36 e 37).
18 V. paragrafo 39 delle presenti conclusioni.
19 D’altronde, non esiste una definizione dei «servizi di interesse economico generale», benché essi siano menzionati all’articolo 14 e all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, nonché nel protocollo n. 26.
20 V. sentenza del 24 maggio 2011, Commissione/Francia (C-50/08, EU:C:2011:335, punti 67 e segg.).
21 V. sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten (C-409/06, EU:C:2010:503, punto 69).
22 Uno degli obiettivi principali dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) è di realizzare nella massima misura possibile la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali nell’intero SEE, di modo che il mercato interno realizzato nel territorio dell’Unione sia esteso agli Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). In questa prospettiva, diverse disposizioni di detto accordo mirano a garantire un’interpretazione del medesimo che sia la più uniforme possibile nell’insieme del SEE. Spetta alla Corte, in tale ambito, controllare che le norme dell’accordo SEE che sono identiche, nella sostanza, a quelle del Trattato FUE siano interpretate in maniera uniforme all’interno degli Stati membri (v. sentenza del 2 aprile 2020, Ruska Federacija (C-897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 50).
23 V. sentenze del 1º giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 45), e del 21 giugno 2012, Susisalo e a. (C-84/11, EU:C:2012:374, punto 29).
24 V. sentenze del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C-171/07 e C-172/07, EU:C:2009:316, punto 18), e del 21 giugno 2012, Susisalo e a. (C-84/11, EU:C:2012:374, punti 26 e 27).
25 V. sentenze del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C-171/07 e C-172/07, EU:C:2009:316, punto 25), e del 1º giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez, (C-570/07 e C-571/07, EU:C:2010:300, punto 61).
26 Hatzopoulos, V., Regulating Services in the European Union, Oxford University Press, 2012, pag. 46, spiega che l’articolo 2 del protocollo n. 26 determina la portata del diritto dell’Unione.
27 V. sentenza del 14 luglio 2022, ASADE (C-436/20, EU:C:2022:559, punto 59).
28 V. sentenza del 14 luglio 2022, ASADE (C-436/20, EU:C:2022:559, punto 60).
29 V. sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C-171/07 e C-172/07, EU:C:2009:316, punto 37). Più precisamente, la Corte ha dichiarato che, «per quanto riguarda il gestore in possesso del titolo di farmacista, non si può negare che esso persegua, come altri soggetti, l’obiettivo della realizzazione di utili» (il corsivo è mio).
30 V. sentenze del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C-171/07 e C-172/07, EU:C:2009:316, punti 23 e 24), e del 19 dicembre 2019, Comune di Bernareggio (C-465/18, EU:C:2019:1125, punto 27).
31 V. sentenza del 12 settembre 2000, Pavlov e a. (da C-180/98 a C-184/98, EU:C:2000:428, punti 76 e 77).
32 V. paragrafo 40 delle presenti conclusioni.
33 V. sentenza dell’11 aprile 2000, Deliège (C-51/96 e C-191/97, EU:C:2000:199, punto 52).
34 V. sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon (C-108/10, EU:C:2011:542, punti 43 e 44).
35 V. sentenza del 12 luglio 2001, Smits e Peerbooms (C-157/99, EU:C:2001:404, punto 58).
36 V. sentenze del 18 dicembre 2007, Jundt (C-281/06, EU:C:2007:816, punto 33), e del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C-179/14, EU:C:2016:108, punto 154).
37 V. sentenze del 23 dicembre 2009, CoNISMa (C-305/08, EU:C:2009:807, punto 45), e del 19 giugno 2014, Centro Hospitalar de Setúbal e SUCH (C-574/12, EU:C:2014:2004, punto 33), nonché conclusioni dell’avvocata generale Medina nella causa ASADE (C-436/20, EU:C:2022:77, paragrafo 54).
38 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).
39 Sentenze del 29 novembre 2007, Commissione/Italia (C-119/06, EU:C:2007:729, punti da 36 a 41); dell’11 dicembre 2014, Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a. (C-113/13, EU:C:2014:2440, punti da 32 a 43), e del 28 gennaio 2016, CASTA e a. (C-50/14, EU:C:2016:56, punti da 33 a 41).
40 V. sentenza del 19 giugno 2014, Centro Hospitalar de Setúbal e SUCH (C-574/12, EU:C:2014:2004, punto 33).
41 V. paragrafo 56 delle presenti conclusioni.
42 V. conclusioni del Consiglio sui valori e principi comuni dei sistemi sanitari dell’Unione europea (2006/C 146/01) (GU 2006, C 146, pag. 1).
43 L’esercizio dell’attività farmaceutica in Slovenia è finanziato, in larga misura, da fondi pubblici e, in parte, da fondi privati.
44 GU C, C/2024/4421.
45 V. sentenze del 21 luglio 2005, Coname (C-231/03, EU:C:2005:487, punti 15 e segg.); del 13 ottobre 2005, Parking Brixen (C-458/03, EU:C:2005:605, punti 46 e segg.); del 13 settembre 2007, Commissione/Italia (C-260/04, EU:C:2007:508, punti 22 e segg.), e del 10 marzo 2011, Privater Rettungsdienst und Krankentransport Stadler (C-274/09, EU:C:2011:130, punto 49).
46 V. sentenze dell’8 maggio 2019, Rhenus Veniro (C-253/18, EU:C:2019:386, punto 27), e del 16 marzo 2023, OL (Proroga delle concessioni italiane) (C-517/20, EU:C:2023:219, punto 27).
47 Sánchez-Graells, A., «State Aid and EU Public Procurement: More Interactions, Fuzzier Boundaries», in Piernas López, J.J., e Hancher, L. (dir.), Research Handbook on European State Aid Law, Cheltenham, 2021, pagg. 329 e segg.; Grith Skovgaard, Ø., «The Notice of the Notion of State Aid and Public Procurement Law», European State Aid Law Quarterly, vol. 15, n. 4, 2016, pagg. 508 e segg.
48 V. conclusioni dell’avvocata generale Medina nella causa ASADE (C-436/20, EU:C:2022:77, paragrafo 52) e conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa FENIN/Commissione (C-205/03 P, EU:C:2005:666, paragrafo 51).
49 V. sentenze del 19 dicembre 2012, Mitteldeutsche Flughafen e Flughafen Leipzig-Halle/Commissione (C-288/11 P, EU:C:2012:821, punto 50), e del 22 ottobre 2015, EasyPay e Finance Engineering (C-185/14, EU:C:2015:716, punto 37), nonché comunicazione della Commissione sulla nozione di «aiuto di Stato» di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (2016/C 262/01) (GU 2016, C 262, pag. 1), punto 6.
50 V. anche Commissione europea, Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi, Lussemburgo, 2022, pag. 8, punto 1.1.2.1 («Servizi non economici di interesse generale»).
51 Hatzopoulos, V., Regulating Services in the European Union, Oxford University Press, 2012, pagg. 38 e segg.
52 V. sentenza del 7 dicembre 1993, Wirth (C-109/92, EU:C:1993:916).
53 Adottato dal regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (GU 2002, L 340, pag. 1).
54 V. sentenza del 10 novembre 2022, SHARENGO (C-486/21, EU:C:2022:868, punti 94 e segg.).
55 Sánchez-Graells, A., «The Concessions Directive 2014/23/EU, Title I, Subject-Matter, Scope, Principles and Definitions, Art. 8, 8.1: Value Threshold and Cross-Border Interest», in Steinicke, M., e Vesterdorf, P. (dir.), Brussels Commentary on EU Public Procurement Law, 1a edizione, Nomos, Monaco di Baviera, 2018, pag. 1130.
56 V. sentenza del 1º agosto 2022, Roma Multiservizi e Rekeep (C-332/20, EU:C:2022:610, punto 80). |